Autore: Roberto Di Mario
Data di pubblicazione: 16 maggio 2024
Banche e reti, novità in arrivo sui dati dei clienti. Come attrezzarsi
in collaborazione con We Wealth
Dal 2025, quando è attesa la versione finale del regolamento europeo Fida, entreremo nell’era dell’open finance. Previo consenso del cliente, gli intermediari saranno tenuti a fornire a terze parti autorizzate l’accesso ai suoi dati finanziari. Ecco cosa prevede la bozza attuale
- Gli intermediari dovranno fornire a terze parti autorizzate l’accesso ai dati di credito e debito, relativi a investimenti, assicurazioni, pensioni e criptovalute
- Cascinelli (PwC): “Il pilastro fondamentale della normativa è il concetto di centralità del cliente: dovrà consentire lui tutto ciò che si potrà fare con i suoi dati”
Novità in arrivo sulla condivisione dei dati dei clienti, un tema che finora ha vissuto due fasi distinte. Se fino al 2017 le istituzioni finanziarie ne avevano il controllo e la responsabilità e potevano condividerli solo attraverso accordi bilaterali con terze parti, dal 2018 qualcosa iniziò a cambiare. Con l’entrata in vigore della Psd2, infatti, ottenuto il consenso del cliente le istituzioni erano tenute a fornire a terze parti l’accesso ai dati sui pagamenti. Iniziò così l’era dell’open banking che, in realtà, ha portato limitati benefici in Europa. Secondo alcuni dati diffusi in occasione di un recente convegno sul tema organizzato da Aipb e PwC, meno del 2% dei clienti delle banche digitali utilizzano questa tipologia di servizi. È in questo scenario che sono iniziate le discussioni del nuovo regolamento europeo Financial date access (anche noto come “Fida”), la cui versione finale è attesa nel 2025. Ma cosa cambierà per intermediari e clienti?
“Il regolamento Fida si colloca in un complesso di provvedimenti varati dalla Commissione europea definiti Digital finance package e suddivisi in due strategie: Digital finance strategy e Retail payments strategy”, racconta Fabrizio Cascinelli, partner di PwC Tls. “Questo denota come la tecnologia non sia altro che il fil rouge che collega tutte le normative che si stanno evolvendo nel settore finanziario in questo periodo, dall’euro digitale ai bonifici istantanei. In altre parole, non rappresenta più soltanto un’opportunità ma è la normativa stessa che disciplina come gli intermediari potranno utilizzarla per prestare servizi”.
Il concetto di centralità del cliente
Il primo pilastro della Fida, continua Cascinelli, è il concetto di centralità del cliente: a lui viene infatti demandato l’onere di consentire tutto ciò che si potrà fare con i suoi dati di credito e debito, relativi a investimenti, assicurazioni, pensioni e criptovalute. Dall’altra parte, gli intermediari avranno l’obbligo di fornire l’accesso ai dati a terze parti autorizzate (ovvero i Fornitori di servizi di informazioni finanziarie o Fisp), abilitando un pieno controllo da parte della clientela attraverso la predisposizione di interfacce ad hoc. “Tutto ciò non potrà non passare da una standardizzazione di tali interfacce tecniche, il tutto disciplinato da regole trasparenti”, dice Cascinelli.
Regolamento Fida: a chi si rivolge
Il primo soggetto coinvolto nell’ambito dello scambio di dati finanziari è il cosiddetto “data holder”, ovvero colui che detiene tali dati (quali istituti di pagamento, istituti di credito, sim e gestori). I cosiddetti “data user” sono invece coloro che utilizzano i dati della clientela, obbligando i data holder a inviarglieli. “Tutto questo dovrà girare attraverso schemi di condivisione dei dati finanziari, senza i quali quella standardizzazione di cui parlavamo prima non può esistere”, precisa Cascinelli. In più, i data holder potranno chiedere una fee per l’invio delle informazioni ai data user. Il consenso del cliente resta fondamentale, come detto. Per cui gli intermediari dovranno mettere a disposizione una dashboard aggiornata in tempo reale per consentire al cliente di rivedere eventualmente i consensi prestati ai data user.
Gli impatti su asset e wealth management
“Abbiamo provato a ipotizzare alcuni impatti sull’industria dell’asset e wealth management”, continua Cascinelli. “Il primo è un’evoluzione della prestazione dei servizi e delle attività di investimento verso servizi di consulenza ancora più a valore aggiunto che giustifichino un rapporto col cliente ancor più di valore. Ma ci sono anche altri aspetti di compliance, perché avendo accesso a una più ampia base informativa del cliente potrà esserci una semplificazione del processo di onboarding, una celerità della classificazione della clientela e infine un arricchimento del patrimonio informativo funzionale a una migliore valutazione di adeguatezza e appropriatezza”, dichiara l’esperto.
Come evolve il ruolo del consulente
La sfida dell’industria, in questo contesto, sarà capire perché l’open banking non ha funzionato. “Innanzitutto, anche il regolatore ha le sue colpe, perché l’approccio usato per la Psd2 ha visto un basso coinvolgimento dei player. Senza dimenticare la mancanza di incentivi e un limitato focus sulla customer experience”, interviene Paolo Gusmerini, director payment & digital banking di PwC Italia. “La Fida, nel modo di implementare la regolamentazione, introduce un elemento di discontinuità”, afferma Gusmerini. “Il ruolo del consulente finanziario sarà rilevante per costruire fiducia nei clienti e generare opportunità”, conclude l’esperto. “Si parla di una migliore valutazione delle esigenze dei clienti, un minor rischio associato al credit trading, analisi comparative su performance e costi commissionali, un’estensione del servizio di consulenza a una fascia più ampia della clientela, un’attività di pianificazione finanziaria e patrimoniale avanzata e servizi di consulenza sulle masse non gestite direttamente”.
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